Chiesa Santi Cosma e Damiano

PUNTO3

Affacciata sul Naviglio Grande, sorge la chiesa dedicata ai Santi Cosma e Damiano. Con una facciata e una struttura che richiamano lo stile barocco, l’edificio ha mantenuto, abbastanza inalterata nei secoli, la propria fisionomia. Ma il luogo dove sorge attualmente la chiesa ha una storia lunga di secoli e questo edificio seicentesco ne è solo l’ultima trasformazione.

La prima attestazione circa un oratorio a Turbigo dedicato a San Damiano è rintracciabile nel Liber Notitiae Sanctorum Mediolani, redatto da Goffredo da Bussero attorno al 1289, nel quale si afferma che In plebe dairago loco turbigi sorge la ecclesia sancti damiani. Goffredo da Bussero non fornisce ulteriori informazioni sull’edificio, ma ne attesta, comunque, l’esistenza. Tuttavia è ragionevole credere che l’oratorio sorgesse già da alcuni secoli, andando a inserirsi in una teoria di edifici sacri della zona facilmente ascrivibili al periodo longobardo.

Restaurato dai fratelli Martino e Ludovico Piatti nel 1518, così doveva presentarsi l’edificio anche durante la Visita pastorale compiuta nel 1570 dall’arcivescovo di Milano, San Carlo Borromeo.

Nelle vicinanze del primitivo oratorio, verso la fine del Cinquecento, si posero le basi per la fondazione di un convento di Agostiniani Scalzi e la costruzione dell’attuale chiesa, voluti dal più celebre esponente della famiglia Piatti, Flaminio, che nel 1591 sarebbe divenuto cardinale di Santa Romana Chiesa. Fu, infatti, lui a stabilire nel suo testamento del 1613 di riservare una somma di denaro – lire 18.200 e centesimi 16 – del suo ingente capitale a favore del complesso conventuale e della chiesa di Turbigo. Alla morte del porporato venne nominato esecutore testamentario il fratello gesuita Domizio, che seguirà per tutto il resto della sua vita le vicende riguardanti la fondazione del convento di Turbigo e della nuova chiesa dei Santi Cosma e Damiano. Nel 1633 il conte Girolamo Piatti, nipote del cardinale, donava un appezzamento di terra per poter costruire il convento degli Agostiniani; Girolamo ricambiava così la cessione, avuta da Domizio Piatti il 4 maggio 1618, di una larga parte dei beni dello zio cardinale. Domizio fece realizzare a Roma il disegno per la nuova chiesa che prontamente inviò in paese.

L’antico oratorio di San Damiano però non fu abbattuto contemporaneamente all’inizio dei lavori per la costruzione della nuova chiesa avvenuto nel 1669; si procedette a ciò solo in un secondo tempo, adibendo – sembrerebbe – a sacrestia, l’antico presbiterio, le cui misure corrispondono in modo abbastanza preciso alla pianta realizzata da San Carlo.

Occorsero alcuni anni per completare la nuova chiesa; dal testamento del conte Francesco Piatti, redatto il 18 agosto 1678, si evince, infatti, che l’edificio era ancora in costruzione. La chiesa, comunque, fu ultimata prima della fine del XVII secolo, anche se ancora all’inizio del secolo successivo venivano realizzati interventi di completamento e si metteva mano ad alcune opere di sistemazione, affidandone il progetto all’ingegnere e architetto milanese Carlo Federico Pietrasanta.

I lavori di abbellimento dell’interno della chiesa continuarono per tutto il XVIII secolo. Nel 1708 venne sistemato l’altare della Madonna e se ne realizzò uno nuovo dedicato a San Nicola da Tolentino. I due altari, di cui sembrava si fossero perse le tracce, possono essere identificati con quelli attualmente collocati ai lati dell’altare maggiore della chiesa prepositurale di San Zenone di Castano Primo.

La chiesa, che andava di anno in anno arricchendosi grazie alle molteplici donazioni della famiglia Piatti, fu officiata dagli Agostiniani Scalzi fino al 1805, epoca in cui per ordine di Napoleone gli ordini religiosi furono soppressi; la chiesa venne ceduta alla parrocchia, mentre il convento fu venduto a privati.

Pur spogliata della maggior parte dei suoi arredi e della suppellettile più preziosi la chiesa dei Santi Cosma e Damiano conserva ancora alcune tracce del suo glorioso passato. La struttura architettonica è rimasta invariata: sull’aula si aprono quattro cappelle, mentre nel presbiterio, in posizione sopraelevata e diviso dall’aula da una ricca balaustrata in marmi policromi munita di un artistico cancelletto in ferro battuto, trovano posto l’altare maggiore e due grandi armadi a muro per riporre i numerosi reliquiari un tempo presenti.

La prima cappella a sinistra, entrando, è dedicata alla Madonna Immacolata e fu costruita per volere dal parroco don Pietro Bossi nel 1879, in sostituzione di quella realizzata nel 1708, a quell’epoca ormai perduta. Nel 1991, in luogo della mensa dell’altare è stata ricavata una nicchia, all’interno della quale collocato il simulacro, di pregevole fattura, raffigurante Gesù Cristo morto.

 A questa prima cappella di sinistra ne segue una seconda, dove è collocata una tela di notevoli dimensioni raffigurante San Carlo Borromeo. Il dipinto, che prima del restauro compiuto nel 1992 raffigurava San Carlo nell’atto di comunicare San Luigi Gonzaga, oggi rivela un’iconografia del tutto particolare e fattezze riconducibili alla scuola artistica della fine del XVI e l’inizio del XVII secolo e veritiera risulta anche essere l’attribuzione alla Scuola di Giulio Cesare Procaccini. La nuova “scena” emersa dopo il restauro si ricollega all’episodio della monacazione di Paola Cusani Visconti, una giovane nobildonna milanese, a opera di San Carlo Borromeo.

Passando al lato destro della chiesa, invece, la prima cappella, con ricca balaustrata in marmo nero e pregevole altare marmoreo commissionato nel 1741 dal nobile Francesco Magni, possidente di molti beni in paese tra cui una locanda nei pressi del ponte del Naviglio grande, conserva una tela raffigurante il Santo Crocifisso, opera del pittore Michele Angelo Cerutti. Tale altare era in precedenza intitolato a Santa Rosalia, come ancora testimonia la lapide murata all’interno della cappella e la tela raffigurante la santa ora collocata nella zona absidale.

Proseguendo sul lato destro della chiesa si apre la seconda cappella dedicata a Santa Rita da Cascia. Anch’essa privata dell’antico altare – forse quello dedicato a San Nicola da Tolentino – nel maggio 1966 il parroco don Lino Beretta commissionò allo scultore Giordano Crestani un bassorilievo raffigurante la santa agostiniana.

Sulla parete di fondo del presbiterio, invece, dietro l’altare maggiore, hanno trovato collocazione, oltre a quella di Santa Rosalia, altre due tele di pregevole fattura e un grande stendardo processionale. La prima raffigura la “Gloria di Sant’Agostino”, attribuita a Vimercati, ai cui piedi compiono i santi agostiniani, tra cui Nicola da Tolentino; vi è poi il dipinti della Crocifissione con la Madonna e San Giovanni. Il grande stendardo processionale del 1884, appartenuto alla Confraternita del SS.mo Sacramento, raffigura invece la Madonna assunta e i Santi Cosma e Damiano.

Testi di Paolo Mira e Patrizia Morbidelli

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Bibliografia:

Paolo Mira, La Chiesa dei Santi Cosma e Damiano di Turbigo, Turbigo, Parrocchia B. V. Assunta, 2002.

Paolo Mira – Patrizia Morbidelli, Il nobile Francesco Magni e l’altare di Santa Rosalia nella chiesa dei Santi Cosma e Damiano di Turbigo, Turbigo 2013.

Paolo Mira – Patrizia Morbidelli, “De Cardinalis dignitate”. Omaggio a Flaminio Piatti, nel quarto centenario della morte, e alla sua famiglia, Turbigo 2013.

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